Orientamento e inclusione dei migranti nelle imprese
ESPoR ha investito enormemente sullo sviluppo delle career management skills da parte tanto dei rifugiati e richiedenti asilo che degli operatori dell’accoglienza che li assistono. Col terzo tavolo per la sostenibilità, il progetto si rivolge ora al mondo delle imprese: è mettendo in discussione e modificando il contesto produttivo che il processo di integrazione del target, avviato nell’accoglienza, diventa realmente inclusivo e in grado di valorizzare la diversità.
È con questa premessa che il coordinatore di progetto Diego Boerchi introduce i relatori dell’incontro – UNHCR e Leroy Merlin da un lato, Randstad Risesmart e Intercos dall’altro. Clicca qui per vedere la videoregistrazione dell’evento.
Da tempo UNHCR è impegnato su un fronte analogo a quello di ESPoR, sostenendo l’inclusione professionale di rifugiati e richiedenti asilo attraverso l’assegnazione di un premio, il logo Welcome – working for refugee integration, alle aziende italiane che si distinguono per il loro impegno nel recruitment dei rifugiati. L’iniziativa, nata come progetto e successivamente sviluppatasi in programma, impegna l’agenzia in un inconsueto ruolo operativo, invitando le imprese italiane a candidarsi per segnalare il proprio impegno e ricevere il logo Welcome (scopri di più sull’iniziativa e la prossima scadenza del 30 ottobre su welcome.unhcr.it). Andrea De Bonis, Protection Associate di UNHCR, racconta le lezioni apprese nel corso di questi anni e i programmi avviati a partire da esse. La prima riguarda la mancanza di conoscenza e dialogo tra mondo delle imprese e sistema asilo, con conseguente impegno dell’agenzia nell’organizzazione e promozione di momenti di formazione e incontro tra aziende e operatori dell’accoglienza, attraverso la predisposizione di linee guidasull’inclusione lavorativa e l’organizzazione webinar sui temi dello scouting aziendale, orientamento e accompagnamento al lavoro, diversity inclusion e corporate partnerships. La seconda lezione appresa è che l’inclusione dei rifugiati è per l’impresa esperienza di successo e di particolare valore: spesso avviata per motivi di visibilità e in ottica di corporate social responsability, l’inclusione dei rifugiati si rivela vincente in primis per l’azienda, con l’inserimento nel team di persone estremamente motivate e produttive che diventano elemento di contagio dell’intero ambiente di lavoro. Perché ciò avvenga, è importante che il recruitment sia preceduto da un orientamento serio portato avanti da operatori competenti, e per questo è fondamentale la collaborazione da un lato coi soggetti specializzati (Fondazione Adecco, Human Age Foundation, le Cooperative sociali specializzate …), dall’altro coi centri d’accoglienza e il privato sociale che vi indirizzano i migranti.
A confermare il successo di questa formula interviene Federica Ferrini, HR Business Partner di Leroy Merlin Tiburtina, premio Welcome 2019. Tra il 2016 e il 2019 l’azienda ha lavorato in stretta collaborazione con centri SAI/Sprar e la Cooperativa MediHospes, per inserire rifugiati nel proprio negozio di Roma Tiburtina e successivamente negli altri 6 negozi della capitale, attivando oltre 70 tirocini con un tasso del 30% di trasformazione in rapporto di lavoro. Linee guida e strumenti di monitoraggio hanno messo in luce diverse modalità di inserimento e fatto emergere i vantaggi della diversity inclusion, che investono anzitutto il clima del negozio, con risvolti positivi a livello professionale e umano per tutto il team. L’accurata selezione dei beneficiari in collaborazione con l’associazione MediHospes e i percorsi di tirocinio stessi strutturati e monitorati hanno garantito il successo degli interventi, offrendo non solo una chance professionale ai rifugiati, ma anche un’occasione di crescita alle risorse interne all’azienda.
Tina Comaty, Social Inclusion project expert di Randstad Risesmart, divisione specializzata sulle soluzioni di transizione di carriera e mobilità interna, racconta l’esperienza dedicata allo specifico target dei rifugiati e migranti col progetto Without Borders (WB), nato nel 2017 con l’obbiettivo di supportare processi sostenibili e produttivi di inserimento lavorativo degli stranieri attraverso un’ampia rete di partnership con enti pubblici e privati. Tra queste, la collaborazione con Soleterre nell’ambito del progetto a finanziamento AMIF Work4Integration – Europe (W4I-EU), che tra il 2019 e il 2021 ha coinvolto oltre 662 beneficiari in Italia, Svezia e Belgio, offrendo 350 servizi di orientamento e accompagnamento individuale grazie all’azione sul campo degli enti sul territorio: 200 partecipanti hanno infine avuto accesso ai servizi di lavoro tipo l’attivazione di un tirocinio o lavoro. La strategia messa in campo in W4I-EU parte dall’analisi del mercato a livello territoriale e dall’individuazione dei profili professionali più richiesti. Lato migrante, l’azione prevede l’orientamento, la definizione di un progetto professionale, l’avvio di percorsi di formazione professionale e upskilling e una successiva fase di coaching individuale in vista dell’interview; lato azienda, una fase di preboarding supporta l’ente nelle pratiche precedenti l’ingresso del lavoratore e durante l’effettivo inserimento. Il progetto ha inoltre promosso attività di sensibilizzazione e informazione rivolta al mondo produttivo.
Le principali lezioni apprese sono: la cura della fase di selezione e primo colloquio dei partecipanti al fine di ingaggiare la persona senza creare aspettative irrealistiche; dall’altro, l’importanza di un approccio fortemente individuale per consentire l’effettiva acquisizione di autoconsapevolezza e di strumenti di autovalutazione del beneficiario; l’utilità di trasmettere il messaggio che “la sfida torna sempre” e da qui l’importanza di cimentarsi nel life long learning; il ruolo centrale rivestito dai mentor e tutor aziendali che, nelle fasi di onboarding e tirocinio, hanno dato fiducia ai partecipanti e chiavi di lettura e comunicazione all’interno del contesto aziendale. Slide di Tina Comaty.
Il progetto Without Borders ha coinvolto anche Intercos, società leader nell’innovazione e produzione cosmetica internazionale, come ci racconta la Talent Management and Organization Global Sr. Manager Elisabetta Rivolta. Nel 2018 si è tenuta la prima edizione di WB nei due stabilimenti di Agrate Brianza e Dovera, contesti fortemente caratterizzati dal punto di vista culturale e sociale: 18 richiedenti asilo hanno ricevuto un mese di formazione specializzata come production operator; 12 di essi hanno svolto un tirocinio di 3 mesi; 6 sono stati assunti con contratti temporanei. Nel 2019 si è tenuta la seconda edizione, con numeri lievemente più alti (20, 15, 9), che ha beneficiato non solo delle lezioni apprese nel corso della prima (una maggiore formazione sull’italiano e l’inserimento nel percorso di attività creative), ma anche e soprattutto del valore aggiunto dato dal coinvolgimento dei partecipanti alla prima edizione in ruolo di “compagni”. Entusiasmo e crescita personale e umana dello staff aziendale sono tra i principali risultati che Intercos si è portato a casa dall’esperienza, motivo per cui è già in cantiere l’edizione 2022, con atteso un maggior focus sulle donne, rispetto alle quali il percorso si è rivelato finora meno sostenibile. Slide di Elisabetta Rivolta.
Agli interventi dei relatori hanno fatto seguito alcune domande e testimonianze da parte dei partecipanti, relative al sourcing dei migranti, alla disponibilità delle aziende a cimentarsi in progetti di questo tipo e alle principali difficoltà incontrate sul campo.
Rispetto alla selezione dei partecipanti nei progetti citati, è stato fondamentale il lavoro di orientamento e analisi del progetto migratorio svolto dalle associazioni coinvolte, che ha fatto sì che al percorso arrivassero persone motivate e pronte a investire nell’apprendimento della lingua italiana, nella formazione loro proposta e, infine, nel progetto professionale.
Dal territorio emergono tuttavia, da un lato, la difficoltà di coniugare l’urgenza di guadagno e le istanze culturali e religiose del target con le contingenze produttive tipiche dell’azienda; dall’altro, una scarsa comprensione da parte dei piccoli imprenditori rispetto alla finalità del sistema accoglienza nonché una ridotta lungimiranza rispetto ai benefici che l’inserimento del target migrante è in grado di offrire. Un’urgenza bilaterale, dunque, che se non adeguatamente affrontata non solo impedisce l’inclusione sociale, ma anche una visione strategica aziendale.
Sempre dal territorio è richiamata la necessità di offrire percorsi differenziati ai migranti, dando così la possibilità ai più “attrezzati” di fuoriuscire dalla logica del transito e della ghettizzazione professionale. Si tende, infatti, ad appiattire gli standard dei servizi di formazione e inserimento lavorativo, ma è la valorizzazione individuale la chiave di volta per avere reale inclusione: maggiore sensibilizzazione delle aziende e maggiore competenza degli operatori possono contrastare questa tendenza, ed è su questi aspetti che i tavoli per la sostenibilità continueranno a lavorare in futuro. Infine, sempre dal territorio arrivano esempi virtuosi di esperienze sperimentali che mettono insieme diversi strumenti e buone pratiche degli anni recenti, confermando ancora una volta come sia la competenza a livello di accoglienza territoriale a fare la differenza nella vita dei singoli individui.
Viviana Campelli – Coordinatore operativo e Ricercatore progetto ESPoR