Le migrazioni climatiche
Di Andrea Stocchiero – Focsiv
Negli ultimi anni l’attenzione agli effetti del cambiamento climatico sui movimenti umani è aumentata notevolmente. I rischi legati al clima sono diventati sempre più frequenti e modificano in modo sempre più impattante gli insediamenti umani. Ma come potremmo riferirci alle persone costrette a lasciare le loro case nel contesto di disastri naturali creati o amplificati dal cambiamento climatico?
Sebbene il Patto Globale sui Rifugiati [1] riconosca che “il clima, il degrado ambientale e i disastri naturali interagiscono sempre di più con gli elementi motori dei movimenti dei rifugiati”, non esiste una definizione universalmente riconosciuta o giuridica che colleghi “rifugiati” e “cambiamenti ambientali”.
Il termine “rifugiato climatico” è stato ampiamente utilizzato nel corso degli anni dai media e dalla letteratura comune per riferirsi a quelle persone che sono costrette a lasciare le loro case o i loro paesi a seguito di disastri improvvisi o di lenta insorgenza [2]. Va notato, tuttavia, che questa definizione non esiste nel diritto internazionale in quanto la Convenzione di Ginevra del 1951 non menziona le catastrofi naturali tra le cause di persecuzione. Il Patto Globale sulle Migrazioni [3] del 2018 affronta, nell’ambito del suo obiettivo numero 2, l’impegno della comunità
internazionale a ridurre al minimo i fattori avversi e gli elementi strutturali che costringono le persone a lasciare il proprio paese d’origine come, tra gli altri, quelli che possono derivare dagli effetti negativi del cambiamento climatico. Perciò, la definizione largamente usata, anche dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, di “migrante climatico”, potrebbe essere considerata più appropriata. Tuttavia, secondo un breve documento elaborato dal Servizio di Ricerca del Parlamento europeo, la parola “migrante” potrebbe anche “suggerire un certo grado di volontà nella decisione di trasferirsi” [4] e dunque non essere adeguata, se si vuole far prevalere la costrizione. La questione rimane aperta.
Anche la definizione di “sfollato climatico” ha guadagnato popolarità e sembra essere la più accurata. Sebbene non esista una definizione giuridica accettata di “sfollato”, la questione degli “sfollati interni” (Internal Displaced People – IDPs) è affrontata da linee guida internazionali (non vincolanti) come, ad esempio, i principi delle Nazioni Unite relativi agli sfollati interni [1] che includono, tra l’altro, le calamità naturali come causa di fuga.
Tutti questi sforzi per districarsi nella comprensione di chi sono i migranti climatici e sul nesso complesso tra il cambiamento climatico e la migrazione, coni Patti Globali per i Rifugiati e per i
Migranti, fanno parte di un quadro politico più generale e completo della comunità internazionale che è l’Agenda 2030 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals– SDGs) [2]. In particolare, il collegamento tra l’SDG numero 10 sulla riduzione delle disuguaglianze all’interno e tra i paesi, che ha un obiettivo specifico (10.7) su “Facilitare una migrazione e una mobilità delle persone ordinata, sicura, regolare e responsabile, attraverso l’attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite”, e l’SDG numero13 su “adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e il suo impatto”, è il pilastro dell’impegno delle Nazioni Unite per rispondere alle sfide dei migranti climatici.
Intanto diverse ricerche continuano a cercare di misurare il numero delle persone costrette a spostarsi, la Banca Mondiale stima in 143 milioni di migranti ambientali entro il 2050 [3]. Mentre numeri certi sugli sfollati ambientali come quelli de Centro di monitoraggio degli sfollamenti interni (IDMC), ha registrato 17,2 milioni di nuovi sfollamenti per eventi ad insorgenza improvvisa. Si noti che si tratta di sfollati interni.
Infatti le cause ambientali provocano spostamenti di popolazioni soprattutto a corto raggio. E’ in gran parte una fake news quella che narra di una nuova invasione di migranti per cause ambientali. In Italia, invece di preoccuparci di questa invasione, dovremmo essere in ansia per gli sfollati che alluvioni e innalzamento del mare potranno provocare sulle nostre coste, nelle nostre città, nei prossimi anni. Il problema vero da gestire saranno i nostri sfollati interni. Che Fare? Non si può più tergiversare, si tratta di emergenza climatica. Le emissioni di carbonio vanno ridotte drasticamente, mentre occorre cooperare per far crescere le capacità di adattamento e resilienza delle comunità più vulnerabili. In Italia dovrebbe essere definito al più presto un piano di adattamento per i cosiddetti hotspots, tra cui in primis Venezia. Mentre sarebbe importante che il Governo e il Parlamento riprendessero il dossier Global Compact for Migration, decidendo di firmarlo e quindi di collaborare con la comunità internazionale per governare assieme le migrazioni ambientali. Senza cooperazione non è possibile agire per migrazioni sicure e regolari. Focsiv continua a monitorare la questione dei migranti ambientali e più in generale del rapporto tra migrazioni e sviluppo con il progetto Volti delle Migrazioni, cofinanziato dall’Unione europea. Se volete saperne di più seguiteci su: https://www.focsiv.it/volti-delle-migrazioni/
[1] I Principi Guida presentati dall’allora rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite per gli sfollati interni, M. Francis Deng, alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 1998, sono coerenti e riflettono il diritto internazionale in materia di diritti umani, il diritto umanitario, così come il diritto dei rifugiati, per analogia. I principi interpretano e applicano queste norme alla situazione degli sfollati. Cfr. http://www.internal-displacement.org/internal-displacement/guiding-principles-on-internal-displacement
[2] Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) sono un insieme di 17 obiettivi globali fissati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015 per l’anno 2030. Essi affrontano le sfide globali che ci troviamo ad affrontare, comprese quelle relative alla povertà, alla disuguaglianza, al cambiamento climatico, al degrado ambientale, alla prosperità, alla pace e alla giustizia. Cfr. https://www.un.org/sustainabledevelopment/sustainable-development-goals/
[3] Vedi: http://www.vita.it/it/article/2018/03/21/migranti-climatici-lallarme-della-banca-mondiale/146313/
[1] Il 17 dicembre 2018, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha siglato il Global Compact on Refugees (con 181 voti a favore -Italia inclusa -, due contrari -USA e Ungheria- e 3 astensioni -Eritrea, Liberia, Libia). Si tratta di un accordo internazionale che fornisce un modello per i governi, le organizzazioni internazionali e gli altri stakeholder, per assicurare che le comunità ospitanti ricevano il sostegno di cui hanno bisogno e che i rifugiati possano condurre una vita dignitosa e produttiva. I suoi quattro obiettivi chiave sono: allentare le pressioni sui paesi ospitanti, migliorare l’autonomia dei rifugiati, ampliare l’accesso alle soluzioni di accoglienza dei rifugiati nei paesi terzi, sostenere le condizioni nei paesi di origine per un ritorno in sicurezza e dignità. Cfr. https://www.unhcr.org/the-global-compact-on-refugees.html
[2] I disastri ad insorgenza improvvisa sono i disastri che accadono rapidamente come terremoti, cicloni, uragani e tifoni. I disastri ad insorgenza lenta sono gli eventi che avvengono in processi temporali relativamente più lenti come siccità, cambiamenti climatici, degrado ambientale e desertificazione.
[3] Il Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare, adottato dalla maggioranza degli Stati membri dell’ONU (con 152 voti a favore, 12 astensioni – tra cui Italia – e 5 voti contrari – Repubblica ceca, Ungheria, Israele, Polonia e Stati Uniti) il 10 dicembre 2018 a Marrakech, è il primo accordo intergovernativo (non vincolante) che copre tutte le dimensioni della migrazione internazionale, per affrontare le sfide associate alla migrazione di oggi e per rafforzare il contributo dei migranti allo sviluppo sostenibile. Cfr. https://www.iom.int/global-compact-migration
[4] Si veda il documento su: “Il concetto di rifugiato climatico. Verso una possibile definizione. Servizio di ricerca del Parlamento europeo. Febbraio 2019. Cfr. http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/621893/EPRS_BRI%282018%29621893_EN.pdf