Sulla strada per l’autonomia con PUOI
Il progetto del governo italiano per l’inserimento socio-lavorativo di titolari di protezione internazionale e altri migranti vulnerabili che mira a uno degli obiettivi principali del Global Compact sui Rifugiati
“È una grande opportunità”. Victory, 22 anni, nigeriana, si sente al posto giusto. Tirocinante in un asilo nido di Palermo, si destreggia tra bambini, colleghi e genitori: “Ho vinto la mia timidezza”, assicura. Muhammed, 34 anni, già muratore in Pakistan, a Teramo è diventato più bravo: “Ho acquisito nuove tecniche, ho un contratto stabile e voglio portare qui anche la mia famiglia”. Seydou, 23 anni, ivoriano, è carpentiere metallico in una fabbrica di Torino. Sorride raccontando la svolta: “Alla fine del tirocinio mi hanno assunto come apprendista. Resto qui!”
Un filo unisce Victory, Muhammed e Seydou. Ha da un capo la spinta a lasciare Paesi dove non potevano più vivere in sicurezza e dignità, dall’altro la costruzione di una vita nuova in Italia con l‘aiuto di PUOI (Protezione Unita a Obiettivo Integrazione), progetto del Governo italiano per l’inserimento socio-lavorativo di titolari di protezione internazionale e altri migranti vulnerabili che mira a uno degli obiettivi principali del Global Compact sui Rifugiati: “Rafforzare l’autonomia dei rifugiati“.
Promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato da Anpal Servizi spa, specializzata in politiche attive del lavoro, PUOI costruisce competenze e relazioni, mettendo in campo una forte partnership tra attori pubblici, privati e del terzo settore. Il ruolo principale è assegnato ai servizi per il lavoro: si raccordano con l’accoglienza, trovano i partecipanti e li preparano all’incontro con imprese disposte ad ospitarli per un’esperienza sul campo. Un piano d’azione individuale offre a ogni rifugiato servizi specialistici di orientamento e accompagnamento al lavoro (come bilancio di competenze, stesura del cv, preparazione al colloquio di lavoro, ricerca di opportunità…) e un tirocinio retribuito di 6 mesi.
Nel solco di due progetti del Ministero (Inside e Percorsi) già riconosciuti come buone pratiche dalla Commissione Europea, PUOI sfrutta il meccanismo della “dote individuale”, integrando i programmi nazionali dello European Social Fund e dell’Asylum, Migration and Integration Fund per coprire tutte le misure. Con 6.000 euro a persona si pagano i servizi per il lavoro, sei mesi di indennità al tirocinante e un contributo all’azienda ospitante per il tutoraggio, riconoscendo l’impegno di tutti gli attori e incentivando la partecipazione. Dal 2019, quando è stato presentato come pledge al Global Forum on Refugees, PUOI ha avviato oltre duemila tirocini. Nonostante il duro impatto della pandemia sul mercato del lavoro in Italia, i primi risultati sono incoraggianti: 3 partecipanti su 4 hanno avuto almeno un contratto dopo la fine del tirocinio.
“L’orientamento mi ha aiutato a scrivere il curriculum e a trovare il lavoro che mi piace: sono contentissimo”, dice Lawal, 28 anni, nigeriano, che aveva già avuto esperienze in agricoltura e con PUOI ha fatto un tirocinio in un vivaio all’Aquila, dove oggi è assunto in modo stabile. “L’orientamento è stato utile, ho preso la patente di guida. Poi con il tirocinio ho imparato tante cose, come il lavoro di squadra”, racconta Felix, 21 anni, camerunense, che ha costruito il suo percorso a Napoli in una cooperativa di rifugiati specializzata in cucina multiculturale, fino a diventarne presidente. La sua connazionale Pascale, 37, che in patria non era riuscita a terminare gli studi in economia, a Pescara ha fatto esperienza in un’agenzia di marketing: “Ho imparato meglio l’italiano, e il tirocinio mi aiuterà a trovare posti anche migliori”.
La strada per l’autonomia è lastricata di nuove competenze, tecniche e trasversali, ma anche di contatti con altre persone: colleghi, clienti, amici. “Ho dei bravi compagni”, “Mi vogliono bene”, “È una famiglia”, “Mi aiutano”… Sono frasi ricorrenti nei focus group che il progetto organizza in giro per l’Italia ascoltando destinatari, servizi per il lavoro e aziende ospitanti, per capire cosa valorizzare e cosa correggere. È una ricchezza di scambi difficile per rifugiati “chiusi” nell’accoglienza, che invece in questo caso si alimenta nella quotidianità del lavoro.
Quelle relazioni sono state una salvezza anche nel buio della primavera del 2020, quando sul progetto si è abbattuta l’emergenza Covid-19. Mohiyadin, 24 anni, somalo, si è trovato in prima linea, come tirocinante in una residenza per anziani di Matera che, come le altre, ha chiuso i contatti con l’esterno. Lui si è dato da fare per combattere la solitudine degli ospiti: “Giochi, musica e anche videochiamate per farli chiacchierare ogni giorno con i familiari”, ricorda. Ora è diventato un operatore della residenza, mentre continua gli studi.
Il lockdown e il distanziamento sociale hanno inevitabilmente condizionato i percorsi di inserimento, spesso interrompendoli bruscamente. Tanti tirocini erano partiti o stavano per partire in aziende che hanno sospeso l’attività. Spinti dalla necessità di sostenersi, molti hanno cercato occasioni altrove, uscendo dal progetto. Altri, più caparbi o semplicemente più fortunati, sono riusciti a ripartire da dove si erano fermati. Quando è scattato il lockdown, Mamourou, 45 anni, maliano, aveva iniziato il tirocinio da meno di un mese in un’azienda di forniture per uffici vicino Vicenza. Finite le restrizioni, è stato richiamato a controllare ed etichettare la merce. Ora è assunto e orgoglioso del suo lavoro: “Mi hanno anche dato un appartamento che condivido con un collega. PUOI ha fatto di me una grande persona”.
Durante l’emergenza, il progetto si è sforzato di mantenere vivi i rapporti tra partecipanti, enti promotori e aziende ospitanti. Inoltre, ha messo in campo un intervento complementare ad hoc, con ore di formazione aggiuntiva su prevenzione e sicurezza anti-Covid e su come la pandemia ha cambiato il lavoro. Ai frequentanti, è stata riconosciuta un’altra indennità, un piccolo aiuto per quanti non percepivano più l’indennità del tirocinio sospeso.
E domani? Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vuole trasformare PUOI in un’offerta strutturale di percorsi sempre disponibili per rifugiati e altri migranti vulnerabili, allargando il ventaglio delle misure da mettere in campo. Intanto, i migliori testimonial del progetto continuano a essere i suoi protagonisti. Sophia, mamma ventiseienne nigeriana, sta crescendo da sola la sua bambina a Padova, anche grazie al lavoro in una ditta di assemblaggio dove è arrivata con PUOI. Ha un nuovo modo di guardarsi intorno: “Sono contenta qui. Prima vedevo gli italiani come persone strane, ora posso vivere con loro, lavorare con loro. Tranquillamente, senza paura”.