Pubblico e privato per l’orientamento dei migranti
Lavori poco qualificati, ghettizzazione per etnia di provenienza, stipendi sotto la soglia di povertà e maggior tasso di disoccupazione sono tra i principali problemi che caratterizzano l’inserimento lavorativo di richiedenti asilo e rifugiati, che spesso gli sforzi profusi dagli operatori non riescono a contrastare. Le ragioni di questo maggior svantaggio che investe il target, spiega Diego Boerchi, coordinatore del progetto ESPoR, possono essere meglio comprese grazie alla letteratura scientifica sul capitale umano, che ha messo in evidenza come questo sia il frutto dell’incontro culturale tra l’individuo e il nuovo mercato del lavoro e, ancor di più, dell’interazione tra le caratteristiche individuali e quelle strutturali del contesto (geografico, storico e sociale). Questa interazione mette l’individuo di fronte alla necessità di immaginare opportunità alternative in relazione al nuovo contesto, tradurre le proprie intenzioni in azioni coerenti, cercare le informazioni mancanti, superare gli ostacoli e adattarsi alle difficoltà. È compito della politica e delle istituzioni, pubbliche e private, aziende comprese, quello di creare le condizioni per una maggiore inclusività, con effetti positivi sia sui migranti che sulla società tutta. È compito di chi si occupa di orientamento quello di lavorare con il singolo perché sappia dare forma ad un progetto di carriera personalizzato che contrasti gli effetti negativi sopra citati e gli restituisca una condizione lavorativa più soddisfacente e utile per la nazione che lo accoglie. Per ottenere questo è importante rovesciare i tradizionali criteri alla base degli interventi di orientamento, investendo sull’occupabilità e non solo sull’occupazione, sulla qualità e non sulla quantità, sul bisogno di costruire e riconoscersi in una propria prospettiva di carriera e non sul solo desiderio, dettato dall’urgenza, di trovare un’occupazione stabile. Slide di Diego Boerchi
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Dopo un saluto di Stefania Congia, Adriana Rosasco, della DG Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, illustra come anche le politiche sovranazionali riflettano la centralità del tema oggetto del tavolo. A partire dall’Agenda 2030, che riconosce il ruolo positivo dei migranti ad una crescita inclusiva e a uno sviluppo sostenibile, passando per il Nuovo Patto su Migrazione e Asilo (settembre 2020) fino ad arrivare al Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027 (novembre 2020), che la Commissione Europea ha voluto ancorare al Programma FAMI dando così un’importante indicazione agli Stati membri su come orientare i futuri interventi. Sul versante nazionale, il Piano di Ripresa e Resilienza, i cui lavori sono ancora in corso, sembra confermare l’obbiettivo di tutelare i lavoratori vulnerabili, invocando strumenti in grado di facilitare le transizioni occupazionali e migliorare l’occupabilità dei lavoratori, nonché interventi che, a partire dalla profilazione della persona, permettano la costruzione di percorsi personalizzati di riqualificazione e accompagnamento al lavoro. Per quanto riguarda i programmi che più specificamente investono il target in oggetto, com’è noto il nuovo FSE+ riunirà diversi Programmi europei al fine di dare risposte sempre più integrate alle sfide sociali e del mercato del lavoro e sarà chiamato ad agire in complementarietà e sinergia con altri fondi, tra cui il futuro FAMI. Il partenariato sedutosi al tavolo della nuova programmazione ha sottolineato la centralità della funzione dell’orientamento educativo a tutti i livelli al fine di prevenire l’insuccesso formativo, da rafforzare anche con azioni di formazione degli orientatori. La vera novità del nuovo programma, peraltro, è l’ascrizione, all’interno dell’asse inclusione, dell’integrazione socioeconomica dei cittadini di paesi terzi a obbiettivo specifico del programma, con l’auspicio da parte del partenariato coinvolto di proseguire con un approccio che privilegi interventi personalizzati e integrati per l’inserimento socio lavorativo di migranti che includano servizi quali l’orientamento, l’accompagnamento, il counselling e la capacity building degli stakeholder coinvolti. Slide di Adriana Rosasco
Stefania Maselli, del Servizio Centrale, conferma la centralità, anche all’interno della rete dell’accoglienza SAI, dell’orientamento al lavoro per tutti i beneficiari secondo le tipologie di status giuridico previste dalla vigente normativa, affinché l’accompagnamento all’inserimento lavorativo si traduca in reale inclusione. Il passaggio “dalla quantità alla qualità” è tutt’oggi ignoto ai più, ma mai come in questi tempi, grazie alla pandemia, tale cambio di paradigma si rende necessario e acquisisce nuovo significato e forza. Da sempre la rete SAI collabora con Anpal e la DG Immigrazione in un’ottica di governance multilivello, nella consapevolezza che l’accoglienza è per definizione temporanea e implica un passaggio di staffetta ai centri di formazione, ai servizi e alle agenzie per il lavoro pubbliche e private. La crisi sanitaria amplifica il tema della vulnerabilità, intesa nella sua accezione più ampia: non parliamo solo di individui con bassa scolarizzazione o analfabeti, né solo di persone affette da malattia fisica o mentale, ma anche di donne single con figli a carico e di MSNA neo-maggiorenni – vere e proprie cartine tornasole delle criticità strutturali del sistema italiano del lavoro. La rete SAI riunisce le realtà territoriali più varie, dalle città metropolitane alle piccole città rurali dell’interno: con 1800 comuni che cubano oltre 30.000 posti di accoglienza, il Servizio centrale punta dunque sulla capacity building degli operatori e, ancor di più, sui partenariati strategici multilivello (programmatici, si badi bene, e non a spot) al fine di soddisfare i reciproci bisogni di domanda e offerta.
Il tavolo prosegue poi con l’intervento di chi lavora sul campo. Miranda Andreazza di Agenzia Piemonte Lavoro (APL), ente strumentale della Regione Piemonte che coordina e gestisce i centri per l’impiego regionali, illustra due progetti finalizzati all’inclusione socio-lavorativa di migranti, di cui APL è partner: FORWORK il cui capofila è l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e PRIMA, il cui capofila è la Regione Piemonte. Il progetto FORWORK (https://www.forworkproject.eu/) a finanziamento europeo Easi Progress, ha visto il coinvolgimento di operatori dei servizi per il lavoro pubblici e privati ed enti del Terzo settore in servizi di mediazione interculturale, mentoring individuale di accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro, percorsi di lingua italiana, educazione civica e laboratori brevi di formazione professionale, passando per la valorizzazione delle competenze dei beneficiari, richiedenti asilo ospiti dei CAS, attraverso focus group e incontri ispirati alla metodologia della “reconnaisance des acquis. Il progetto PRIMA (http://www.piemonteimmigrazione.it/prima) a finanziamento FAMI e a partenariato interamente pubblico, è andato oltre, incaricando case manager e mediatori interculturali, supportati dai referenti immigrazione dei Centri per l’impiego regionali, di servizi specialistici quali l’individuazione, la validazione e l’eventuale certificazione delle competenze, il riconoscimento dei titoli di studio acquisiti nei paesi di origine e/o transito, il coinvolgimento del mondo delle imprese per favorire incontro tra domanda e offerta e sensibilizzare il mondo datoriale sui temi dell’impiego dei rifugiati e il diversity management. Slide di Miranda Andreazza
A chiudere la rosa degli interventi è Paolo Corrà, responsabile nazionale delle politiche attive di AxL SpA, una delle 50 agenzie per il lavoro aderenti ad Assolavoro. Dalla loro nascita in Italia alla fine degli anni 90, le agenzie per il lavoro sono andate ben oltre la funzione originaria di intermediazione di lavoro in somministrazione e hanno notevolmente ampliato i loro servizi orientati alle persone. Oggi molte di esse sono enti accreditati per le politiche attive del lavoro presso il Ministero e gestiscono, oltre al lavoro temporaneo, anche servizi di Ricerca e Selezione, l’apprendistato e i contratti a tempo indeterminato.
La loro mission principale, ossia l’erogazione di servizi all’impresa, si accompagna oggi alla forte consapevolezza del ruolo che esse rivestono rispetto alle persone, nel momento in cui offrono una serie di servizi che di fatto costituiscono una sorte di “orientamento implicito” e di induction lavorativa: dalla stesura del cv alla simulazione del colloquio di lavoro, dalla formazione sui diritti contrattuali al mentoring e accompagnamento all’inserimento lavorativo. L’efficacia di tali servizi alla persona sembra trovare conferma nei dati 2020 relativi agli inserimenti lavorativi al termine di lavoro temporaneo (forniti da Assolavoro Datalab e profilati per genere, età, settori di incidenza, regione, distribuzione tra cittadini italiani e stranieri), che svelano le maggiori chance di occupazione e occupabilità di chi esce dalla somministrazione rispetto a chi esce da contratti a tempo determinato non in somministrazione.
Venendo ai migranti, Corrà sottolinea come a livello di politiche attive non manchino gli strumenti, ma forse quello che manca è il design di politiche specifiche su target, necessarie per realizzare un sistema realmente inclusivo. Per questo motivo, è auspicabile una sempre maggiore collaborazione, anche all’interno di progetti sperimentali, con enti del Terzo settore; una maggiore sensibilità e competenza rispetto ai migranti, da sviluppare attraverso la formazione linguistica e in mediazione culturale degli operatori delle agenzie per il lavoro; una maggior preparazione sul riconoscimento dei titoli e delle competenze acquisite all’estero. Al contempo, resta la necessità di preservare la flessibilità e agilità degli strumenti in esame, perché rapido è il mercato del lavoro e rapide le esigenze delle imprese. Slide di Paolo Corrà