Regolarizzazione dei migranti, come funzionerà
Nel cosiddetto decreto Rilancio approvato dal governo italiano il 13 maggio, tra i diversi provvedimenti economici è contenuta una misura per regolarizzare una parte dei migranti irregolari che vivono in Italia. Secondo alcune stime potranno accedere a questa procedura 200mila delle circa 600mila persone che vivono nel paese senza un regolare permesso di soggiorno.
La procedura – che è stata frutto di un lungo negoziato tra i partiti di governo, Partito democratico, Italia Viva e il Movimento 5 stelle – è riservata solo ad alcune categorie lavorative e prevede che si possa chiedere la regolarizzazione del proprio status attraverso due canali: i datori di lavoro possono chiedere di regolarizzare un immigrato che vogliono assumere, oppure i migranti possono chiedere un permesso temporaneo di sei mesi per cercare lavoro.
Questo secondo canale può essere usato solo da quelli che potranno dimostrare di aver già lavorato nei settori lavorativi previsti dalla riforma, cioè nei settori della cura delle persone non autonome, della casa e l’agricoltura. Una parte del Movimento 5 stelle si è opposta alla misura dicendo che avrebbe rappresentato una sorta di condono per chi ha sfruttato la manodopera in maniera irregolare, ma chi è stato già condannato per i reati legati al caporalato e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina non potrà accedere alla procedura. Invece molte associazioni ed esperti che si occupano di immigrazione criticano il provvedimento perché sarebbe troppo limitante e lascerebbe troppe persone nell’irregolarità.
Come funzionerà
I datori di lavoro che hanno impiegato cittadini stranieri con il permesso di soggiorno scaduto potranno richiederne l’emersione e la regolarizzazione a fronte della stipula di un contratto di lavoro subordinato. Questa misura riguarda anche l’emersione del lavoro nero per lavoratori italiani, precedentemente impiegati in nero.
Potranno accedere alla misura tutti quelli che sono stati identificati con fotosegnalazione prima dell’8 marzo 2020 o che possono provare di aver risieduto in Italia continuativamente prima di quella data. Gli stranieri che hanno un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 o in scadenza, che non hanno lasciato il paese prima dell’8 marzo 2020, potranno chiedere un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi per cercare un lavoro. Se gli stranieri che fanno domanda trovano un lavoro, il permesso di soggiorno temporaneo viene trasformato in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro di quattro mesi. Le persone che fanno questa procedura devono dimostrare però di aver già lavorato in passato nei settori lavorativi interessati dal decreto.
I settori lavorativi per cui si applica questa misura sono: l’agricoltura, l’allevamento e la zootecnia, la pesca e l’acquacoltura, l’assistenza alle persone affette da patologie o disabilità che ne limitino l’autosufficienza, il lavoro domestico. Tutte le domande dovrebbero essere presentata dal 1 giugno al 15 luglio. Nel caso sia il datore di lavoro a presentare la domanda dovrà versare un contributo forfettario di 400 euro per ciascun lavoratore. Mentre se è lo straniero a presentare la domanda (seguendo la seconda procedura) dovrà versare 160 euro.
Saranno respinte le domande dei datori di lavoro che sono stati condannati in passato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o riduzione in schiavitù (articolo 600 del codice penale), intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (articolo 603 bis del codice penale) o se i lavoratori non saranno assunti in seguito alla regolarizzazione. Sono esclusi gli stranieri che sono stati toccati da un decreto di espulsione, quelli che sono stati condannati anche in via non definitiva per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice penale, per i delitti contro la libertà personale, per il traffico di stupefacenti, per lo sfruttamento della prostituzione, per il favoreggiamento dell’immigrazione o dell’emigrazione clandestina. Saranno annullate le domande in cui si dichiara il falso.
Le reazioni e le critiche
Molte organizzazioni italiane che si occupano d’immigrazione hanno definito la misura un primo passo, ma hanno evidenziato anche i limiti di un provvedimento che permetterà solo a un numero limitato di persone di regolarizzare la loro posizione. La campagna Ero straniero, che raccolglie una serie di ong e associazioni che si occupano di immigrazione, in un comunicato ha sottolineato che la misura è ancora parziale: “Non possiamo non ribadire che, per una reale efficacia dell’intervento, sarebbe stato necessario un allargamento quanto più possibile della platea dei beneficiari: innanzitutto non limitando l’accesso alla procedura di regolarizzazione prevista al comma 1 ai settori agricolo, di cura e lavoro domestico, ma aprendo anche agli altri comparti. Troppo restrittivi poi i requisiti richiesti al cittadino straniero per poter chiedere il permesso di soggiorno di sei mesi per cercare un lavoro, previsto dal comma 2. La garanzia di un contratto – in un qualsiasi settore – non è già un elemento sufficiente perché la persona assunta possa vivere dignitosamente e contribuire alla società? Che senso hanno queste limitazioni se l’obiettivo della misura è il contrasto dell’invisibilità, con tutte le gravi conseguenze sul piano economico, sanitario e di sicurezza sociale che tale condizione comporta?”.
Anche Valeria Carlini portavoce del Consiglio italiano dei rifugiati (Cir) è dello stesso parere: “Una norma che avremo voluto più comprensiva, anche se riconosciamo l’intenso lavoro realizzato dai ministeri interessati che indubbiamente ha molto migliorato le bozze circolate in queste settimane”. Insieme ad altre organizzazioni il Cir aveva chiesto un intervento che prevedesse categorie più ampie che permettessero di sanare anche le tante situazioni di irregolarità [create dal cosiddetto decreto sicurezza](http://www.cir-onlus.org/wp-content/uploads/2020/04/Posizione-CIR-su-regolarizzazione-ai-tempi-del-Covid-19-def.pdf): “Crediamo che debbano essere introdotte urgentemente nuove forme giuridiche in grado di non creare, da qui a breve, altre migliaia di irregolari. Confidiamo che il parlamento possa migliorare il decreto in fase di conversione”.
Ancora più severa la valutazione di Medici per i diritti umani che chiede che “la sanatoria rappresenti solo il primo passo di una serie di misure volte al contrasto della piaga dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, che riguarda indistintamente regolari, irregolari e non di rado anche cittadini italiani, e che sia finalmente accompagnata da misure strutturali e di lungo termine volte in primo luogo a contrastare il lavoro grigio e nero, le irregolarità salariali e contributive, il caporalato, l’evasione fiscale, promuovendo il rilancio dell’intero comparto e incentivando i datori di lavoro che garantiscono il rispetto dei contratti nazionali e provinciali e la tutela della salute”. Infine molto dura la posizione di una serie di organizzazioni che avevano lanciato la campagna Siamo qui, sanatoria subito, per chiedere una sanatoria per motivi umanitari e di salute generale. Negativa anche la valutazione del sindacato Usb e del suo leader Aboubakar Soumahoro che chiedeva una sanatoria generalizzata per motivi di salute pubblica e ha convocato uno sciopero nei campi per il 21 maggio: “Non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani. Il decreto Rilancio contiene un provvedimento di regolarizzazione delle braccia e non della salute delle persone”.